gMARTIN PALMADESSA
LA TEORIA DELLE LUCERTOLE
Collana Paradosis n. 17 – Narrativa e Saggistica
Forse non avete mai letto niente di simile, peraltro scritto in seconda e quinta persona. Questa Opera è un urlo agghiacciante e una stilettata violenta alla civiltà. Un suicidio letterario grandioso. Psichedelico, disarmante, scorretto, vero. Un viaggio dentro voi stessi e negli occhi degli altri. Corre lungo i binari delle vostre vite che respirano la follia collettiva in cui vi trovate ad affrontare ogni giorno ogni curva ed ogni rettilineo. È come un Giudizio Universale di cui però i giudici siete solo Voi. Questo non è un romanzo, né un racconto, è “LA TEORIA DELLE LUCERTOLE”.
giovanni ronzoni
poesie e un racconto
S O S P E S I
Poesia e Narrativa
Attraverso un continuo confronto, colto nel principale indirizzo della filosofia del linguaggio metafisico, simbolico, metaforico, analogico, estetico sempre, il poeta architetto Giovanni Ronzoni, da noi più volte apprezzato e prefato, questa volta con l’opera dal titolo “Poesie e un racconto S O S P E S I” sa indirizzare una nuova poetica, verso i lidi sconosciuti dell’“Oltre”, in quanto egli compie il viaggio verso la consistenza astratta della vita, che possiede dell’iniziatico, del misterico e dell’antropogenetico, tutto l’afrore, il sapore e il colore (bianco in primis), usando una semantica che ormai può dirsi tutta “ronzoniana”, per i suoi contenuti misteriosofici cogenti. Ma è chiaro che per il poeta del nord, il linguaggio non è la parte più intensa dell’andare poetico, bensì le difficili tematiche, esclusivamente esoteriche, quasi sacrali, per quel loro comprendere situazioni sia vaste che inclusive, costituite da episodi del quotidiano, vive, reali e tangibili, tutte esperite dallo stesso autore, che sanno elevarsi in volo verso alte vette dello spirito. Dalla Prefazione di Lia Bronzi
GIULIANA BIANCHI CALERI
NASCERE DONNA
Saggistica
Dopo aver tracciato le linee dei miei primi vent’anni, attraverso l’autobiografia intitolata “Anima vera”, ritengo opportuno mettere in luce la mia esperienza quale donna impegnata nel mondo della politica e del sociale, nel corso dell’ultimo mezzo secolo, fino ai giorni nostri. Un periodo complesso per il mondo femminile, che ha visto notevoli cambiamenti, sia nella famiglia che nella società, talora più esteriori che di sostanza. Il presente lavoro pertanto tenta di fare un bilancio, per verificare se e quali traguardi sono stati acquisiti da parte dell’universo femminile, tentando di indagare inoltre le cause più profonde che, in una catena inalterabile, a partire dalle ere primordiali, ha condotto e conduce l’uomo a considerare la compagna di vita quale scomoda alter ego. Giuliana Bianchi Caleri. Prefazione di Francesco Attesti e testimonianza e saggio di Lia Bronzi.
salvatore la moglie
povera squola… un prof senza più speranze racconta
Un anziano professore di Scuole Superiori ha deciso, con amarezza, di lasciare anzitempo il lavoro di docente perché non ce la fa più a proseguire fino a quasi sessantotto anni per poter andare in pensione. Avrebbe voluto andarci prima, dopo tanti anni di entusiasmante ma, poi, sempre più difficile e logorante lavoro in una Scuola che, negli ultimi venti-trenta anni, è profondamente cambiata e, secondo lui, in peggio, tutta da rifare e da reinventare. Amareggiato, deluso e disgustato da un mondo in cui non si riconosce più e in cui si avverte inadeguato e fuori luogo, ha, dunque, deciso di dimettersi, per disperazione, qualche anno prima che scatti il momento – che appare sempre più lontano – del pensionamento. Intanto, ciò che gli resta di più caro sono l’affetto di tanti alunni, vecchi e nuovi, e le sue memorie di carismatico e mitico prof e, così, rivolgendosi a un suo amico scrittore, gliele consegna affinché ne faccia un romanzo dal quale emerga la propria visione della Scuola: una Scuola creativa, che insegni veramente a pensare e ad essere cittadini sempre più consapevoli della complessità del mondo globalizzato in cui viviamo e, quindi, meglio preparati ad affrontarlo; una Scuola in cui l’insegnante riesca a lasciare veramente un segno nei suoi allievi, dai quali riesca a trarre il meglio di essi fino a farne degli artisti, delle menti pensanti e creative, come dimostrerà il finale del romanzo. Un romanzo dal quale emerge uno spaccato della storia e della società italiana degli ultimi trent’anni e che vuol essere una disperata denuncia dell’estremo svilimento e burocratizzazione della figura del docente; una lucida, spietata e anche amara testimonianza sullo stato della Scuola italiana degli ultimi trent’anni, nonché sull’assurdità di un sistema pensionistico che impedisce il ricambio generazionale e, quindi, il rinnovamento del personale nei luoghi di lavoro, costringendo i più giovani a un lungo precariato che impedisce loro ogni progetto di vita, primo fra tutti quello di farsi una famiglia, avere dei figli e contribuire alla continuazione della specie umana.
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“L’uomo che amava le rose” di Fabio Mazza
Mentre ci troviamo sull’orlo del precipizio della storia contemporanea, per la minaccia nucleare che sovrasta l’equilibrio del pianeta, a causa dell’insensatezza di uomini che, con follia, lanciano missili sul consorzio civile e umano, alla nostra redazione giunge questo testo dal titolo “L’uomo che amava le rose”, che possiede contenuti del tutto ossimorici, i quali si oppongono alla situazione contestuale, per quel saper sviluppare concetti di bellezza. La raccolta è costituita da nove racconti, relativi ad episodi di vita vissuta e vera, che hanno tutto l’afrore e il sapore della freschezza della fantasia umana, rielaborata da un autore, che aveva esercitato il lavoro di giudice, in primo luogo in Corte d’Appello, dove si revisionano le sentenze di primo grado, e in Corte di Cassazione, a chiusura della sua brillante carriera professionale, quale è quella di Fabio Mazza, affermandosi in tal senso, come persona ricca di oggettività ed equilibrio. Il testo si realizza come viaggio alla ricerca del tempo perduto, fino a giungere ai limiti del diaframma che va concretizzandosi con l’avvicinamento alla morte, per dare un senso all’evolversi della stessa vita.
“Piccole e grandi storie. Le poesie. Volume 1” di Stefano Patera
«Già fin dal titolo della raccolta, si può apprezzare come l’opera possegga un proprio registro narrativo e autobiografico, teso alla ricerca del senso della vita. Titolo che recita: “Piccole e grandi storie”, delle quali del resto ne è caratterizzato lo stesso iter esistenziale dell’artista, dotato della giusta creatività e volontà, atte ad affrontare disagi e difficoltà, ma anche adatte ad ottenere grandi e meritate soddisfazioni. In tal senso, Patera lavora letterariamente sulle orme dei francesi Paul Éluard, Louis Aragon, Jacques Prévert e dell’italiano, Premio Nobel, Salvatore Quasimodo. Poeti del sentimento e dell’amore, ma anche compositori di versi a difesa dei problemi sociali del dopoguerra. Lo scorrere delle liriche ci offre una poetica del positivismo, tipico di chi ha inseguito un sogno, che va a realizzarsi, dopo sacrifici, affrontati con forza ed entusiasmo. Questo primo volume è ricco di liriche contenenti una loro tipica poesia d’amore, in senso lato, poiché rivolto ai luoghi più belli dal punto di vista naturalistico dell’Europa, alle città più ricche d’arte del mondo e alla donna. Un amore avvolgente ed elegante, dai molteplici aspetti, che sa valutare la bellezza delle cose, compresa la cultura, senza la quale non si potrebbe spiegare il senso della vita… » Dalla Prefazione di Lia Bronzi
“Il grande Verga. La narrativa e il teatro” di Marco Sterpos
L’autore si è assunto il compito di onorare con questo libro il centenario della morte di Giovanni Verga non certo nell’intenzione di scrivere una commemorazione rituale, ma perché spinto da un amore per il grande scrittore siciliano, in lui già nato negli anni degli studi giovanili, e dalla convinzione che Verga sia stato il protagonista e il maestro di una grandiosa rivoluzione narrativa ed espressiva che ha investito con la sua ondata innovativa non solo la narrativa del secondo Ottocento ma anche quella del Novecento: secolo nel quale praticamente tutti i romanzieri hanno dovuto in quale modo confrontarsi con lui. Partendo da queste premesse l’autore si è cimentato in un discorso che abbracciasse l’intera opera verghiana, sia nel campo della narrativa che in quello del teatro, nell’intenzione di destinare tale discorso sia agli studiosi di letteratura, anche “specialisti” di Verga, sia ai lettori che, pur interessati agli studi letterari hanno poca o nessuna dimestichezza con il maestro. Ripercorrendo dunque tutta la parabola dell’opera verghiana l’autore parte dal Verga preverista autore di alcuni romanzi “mondani” ambientati nell’alta società (capitolo I) per passare a illustrare la nuova poetica verista sotto il cui segno nascono la “rivoluzionaria” novella Nedda e la raccolta Vita dei campi (capitolo II) e giunge con I Malavoglia il primo grande romanzo verista (capitolo III). Il capitolo IV dà invece conto della produzione degli anni tra il 1882 e il 1887: soprattutto le raccolte Novelle rusticane, Per le vie, Vagabondaggio nelle quali Verga, senza abbandonare il territorio del verismo, insiste nella sua ricerca stilistica ed espressiva che approderà a un nuovo grande romanzo. Tale romanzo, naturalmente il Mastro-don Gesualdo, viene esaminato nel capitolo V, e considerato come il risultato più alto di tale ricerca. Parte dello stesso capitolo V e il capitolo VI sono dedicati all’ultimo Verga nel quale, dopo la prodigiosa fioritura del grande decennio narrativo (1880-1889), la sua geniale potenza creativa si va affievolendo, fino a estinguersi prematuramente senza che egli riesca a scrivere il romanzo La duchessa di Leyra che doveva essere il terzo del progettato Ciclo dei vinti. Il settimo e ultimo capitolo prende in esame il teatro, mostrando come anche in quel campo Verga sia stato innovativo, specie con la memorabile Cavalleria rusticana che, rappresentata nel 1884, è universalmente ritenuta il dramma che apre la via al teatro verista italiano. L’autore tiene a ribadire che il più importante obiettivo che egli intende raggiungere con questo libro è quello di far entrare nel mondo del grande narratore anche lettori non iniziati alla letteratura: e ciò non certo a discapito del rigore scientifico, anzi con l’intenzione di offrire un contributo non irrilevante alla critica verghiana. Per raggiungere un obiettivo così arduo, l’autore ha ritenuto che la strategia migliore fosse quella di tornare a farsi lettore fra i lettori del maestro e di offrire nel suo libro i risultati di questa lettura, con la più grande abbondanza di citazioni volte a dar la parola allo stesso Verga: ciò con chiarezza, semplicità e fedeltà ai testi, in modo da comunicare ragionamenti e conclusioni accessibili a tutti. Insomma l’autore ha ritenuto di poter offrire di Verga soprattutto una lettura personale, naturalmente attenta alle opinioni espresse dagli studiosi in tutto un secolo di critica verghiana.
– Divi Digest
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July 23, 2018
Bloom, Book Signing • San Francisco, CA
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Available Aug 16, 2018
Say, Cheese
Non-Fiction

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